17 – Italiani veri a Firenze

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Tempo di lettura: 7 min
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Oggi parliamo di: Firenze, quattrini, culi per terra.

 

Bentornati Italiani Veri!

Massimo e Paolo sono rientrati da un breve soggiorno di lavoro a Firenze. Prendendo spunto da questa esperienza condivisa, ci accompagnano alla scoperta dei luoghi significativi della città e di alcuni modi di dire che da questa città hanno avuto origine.

L’idea della puntata di oggi l’ha fornita inconsapevolmente la guida turistica che, accompagnando Massimo e Paolo alla scoperta del Duomo di Firenze e del suo museo, ha affermato: “Firenze è la città dell’italiano vero” riferendosi al fatto che la città che è diventata un vero e proprio simbolo della nascita della italiana frase che non poteva cadere nel vuoto visto il titolo del nostro podcast.

Prima di iniziare a conoscere le tappe principali del loro soggiorno nella capitale culturale e artistica del nostro paese e alcune espressioni nate nel dialetto fiorentino e impiegate ancora oggi sia in contesti formali sia in quelli colloquiali, Massimo approfitta per salutare e ringraziare i primi “patron” che sostengono il nostro progetto con una piccola donazione e con suggerimenti sempre molto cari.

Juanita, dalla California, in uno scambio di mail con Massimo ha sottolineato come sia stata colpita positivamente da quanto detto da Massimo nel suo episodio di presentazione riferendosi al libro “le vostre zone erronee” cioè di mettersi in gioco in una nuova attività, come il podcast appunto, senza l’assillo di dover emergere o la paura di fallire ma per un puro piacere personale.

Flavia, da Abu Dhabi, ha condiviso invece con noi un prezioso suggerimento: le piacerebbe che nelle future puntate approfondissimo, oltre agli aspetti comunicativi, qualche dettaglio della nostra cultura, della letteratura e della storia dell’arte italiana: ho il vago presentimento che a Flavia piacerà molto la puntata di oggi.

I ringraziamenti continuano: Paolo dal Canada amico di lunga data del nostro omonimo e Marco da Belo Horizonte che sta apprezzando il nostro podcast soprattutto per la missione dello stesso: imparare una lingua nuova, comunicare tramite essa. Utilizzarla nelle diverse situazioni comunicative quotidiane gli errori o le imperfezioni grammaticali passano in secondo piano nell’atto comunicativo, “connection not perfection”® come ci insegnano Lindsay e Michelle nel loro famosissimo podcast sulla lingua inglese…ed è proprio per questo motivo che Massimo ha invitato Paolo, all’inizio della nostra avventura, a cestinare i suoi libri di grammatica ;-)

Grazie a tutti per il vostro supporto e incoraggiamento.

Massimo e Paolo, durante i giorni in cui sono rimasti a Firenze, hanno “sciacquato i panni in Arno”: se ve li state immaginando impegnati a lavare i loro vestiti lungo le sponde del fiume Arno, vi state sbagliando. Quest’espressione risale direttamente a uno dei sommi autori della letteratura italiana, Alessandro Manzoni: che volendo inserire nella seconda edizione del suo romanzo, “I promessi sposi”, la lingua italiana viva, realmente parlata in quegli anni (prima metà del 1800), si trasferì per qualche mese proprio a Firenze per migliorare la prima edizione della sua opera, aggiornando appunto il testo con l’italiano parlato a Firenze a quei tempi e togliendo quegli elementi linguistici non più utilizzati oppure tipici del dialetto milanese o francese. 

Sciacquare i panni in Arno” è una citazione dotta che può essere utilizzata ancora oggi per indicare i tentativi di modificare il proprio registro linguistico per migliorarlo e purificarlo da elementi non corretti. Giustamente Massimo osserva che l’italiano vero, cioè l’italiano disciplinato dalle grammatiche e dai libri di testo, non è quello che quotidianamente si utilizza nella comunicazione: l’italiano parlato dalle persone risente ancora oggi di molte interferenze linguistiche e dialettali…anche noi, quindi, dovremmo andare a Firenze per “sciacquare i nostri panni” o ascoltare l’Italiano Vero ;-)

Prima di riprendere l’approfondimento di altre espressioni tipiche del dialetto fiorentino, Massimo lascia la parola a Paolo che ci illustra le principali opere che hanno ammirato all’interno del Museo del Duomo di Firenze: un museo, collocato nel centro della città, recentemente allestito secondo un’impostazione anglosassone, che permette ai visitatori di percepire le opere d’arte più vicine a loro potendo così godere in pieno delle stesse. L’attenzione di Massimo e Paolo è ricaduta, in particolare, sulla Maddalena Penitente di Donatello, una scultura lignea dal forte valore simbolico e sui portoni originali del Battistero realizzati da Ghiberti e Brunelleschi, con i quali si è soliti far iniziare il magnifico periodo artistico dell’Umanesimo. 

La maestosità della cupola del duomo, anticipata nel museo dalla visione dei modelli preparatori realizzati dal Brunelleschi, ha colpito Massimo e Paolo che, dopo aver fatto ben 463 gradini, hanno potuto godere dall’alto di una vista mozzafiato di una delle città culla della nostra cultura, della letteratura e dell’arte  nonché della stessa lingua italiana. Infatti la nostra lingua ha origine proprio a Firenze, inizialmente nel dialetto fiorentino del 1300 canonizzato da Dante nella “Divina Commedia” e successivamente in quello fiorentino del 1827 struttura da Manzoni nella seconda edizione del romanzo storico “I promessi sposi”. Massimo ricorda, a tal proposito, come la sua maestra delle elementari di origini toscane sostenesse (come la loro guida turistica) che il fiorentino fosse la lingua nazionale: la parola “gioco” ha origini nel fiorentino “giuoco”, termine ancora oggi usato in alcune sigle come “Federazione Italiana Giuoco Calcio” (FIGC).

Paolo e Massimo continuano con l’illustrarci tre modi di dire dalle origini toscane: il primo è “Non avere il becco di un quattrino. Cosa significa? Concretamente essere senza soldi. L’origine di questa espressione è proprio legata alla moneta utilizzata a Firenze nei secoli del Granducato di Toscana: il quattrino era una misura monetaria, costituita appunto da quattro pìccioli (cioè denari). Inoltre era di bronzo, materiale meno prezioso rispetto all’oro e l’argento con i quali venivano coniate le monete più pregiate. “Non avere il becco di un quattrino” significa proprio essere carente anche delle monete con valore minore e inferiore, essere praticamente senza più alcun soldo.  Massimo ricorda a Paolo che un’espressione, più moderna ma molto simile, è anche “essere al verde”: il nostro Cubo pensa che il verde richiami il colore del dollaro, invece Paolo sottolinea che l’origine di questo modo di dire si lega al colore interno della fodera dei pantaloni maschili. L’interno delle tasche dei pantaloni maschili aveva una copertura verde per cui, quando all’interno delle tasche non c’erano soldi, era evidente solo il rivestimento della fodera interna.

Un’altra espressione dalle origini fiorentine è “finire col culo per terra”, modo di dire da utilizzare soprattutto in contesti informali, tra amici: la parola “culo” non è di certo una parola da utilizzare in una riunione di lavoro o in luoghi ufficiali. L’espressione ha un’origine storica ed è legata alla “pietra dello scandalo o dell’acculata”: una pietra di forma rotonda e bicolore, che si trova proprio a Firenze. Questa pietra riproduce a grandezza naturale una delle ruote del Carroccio, simbolo della Repubblica fiorentina, sul quale veniva issato il gonfalone della città. Sulla pietra veniva fatto posizionare il Carroccio intorno a cui le truppe fiorentine si riunivano prima di partire per una battaglia. La pietra, però, aveva anche un’altra funzione: era il punto in cui venivano puniti i debitori morosi nella Firenze rinascimentale. La punizione consisteva nell’incatenare i condannati e una volta “calate le braghe” (abbassati i pantaloni) ne venivano battute le natiche ripetutamente sulla pietra, secondo l’acculata. Da questa usanza umiliante potrebbero essere nati altri modi di dire popolari come “essere con il culo a terra” e, forse, l’espressione “sculo”, inteso in dialetto fiorentino come sfortuna.

Ultima espressione analizzata nella puntata di oggi è “reggere il moccolo: qual è il suo significato? Massimo fa un esempio che sente come suo: ho invitato a cena una spasimante, la quale ha accettato, ma a questa serata partecipa anche Paolo…ma Paolo cosa fai? Reggi il moccolo? (o anche reggi la candela)? Questo modo di dire si utilizza per sottolineare quando una persona è di troppo in un’uscita di tipo amoroso e affonda la propria origine storica tra le vie di Firenze, in particolar modo in via Calimala: per secoli fu una delle vie più importanti di Firenze, in quanto principale via d’uscita dalla città in direzione Ponte Vecchio, ma anche una delle vie più malfamate frequentate da criminali e prostitute…caspita la puntata di oggi non risparmia temi “spinti”. Durante la notte le tenutarie delle case di appuntamenti erano solite illuminare le loro ragazze con dei piccoli lumi al fine di mostrare al meglio la loro bellezza agli uomini di passaggio oppure perché il servo che accompagnava il padrone in questi luoghi aveva il compito di illuminare con il moccolo, cioè la candela, l’incontro del suo signore con la fanciulla. Da qui l’espressione utilizzata ancora oggi per indicare quando una persona è di troppo tra due persone che vorrebbero conoscersi meglio. 

Considerata la ricchezza di questa puntata, ci auguriamo che a breve Massimo e Paolo possano visitare presto un’altra città per farci scoprire altri luoghi significativi e altre espressioni che dal dialetto sono poi passate nella nostra lingua nazionale…quale sarà la loro prossima meta?

Lo scopriremo solo ascoltandoli ;-)

Buon ascolto e a presto Italiani Veri.

 

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  1. Douglas Rove

    Gennaio 5, 2020

    Buon Anno Massimo e Paolo!

    Mi piace tanto il vostro podcast, fate ridere e siete divertente.

    Ho appena donato, e vorrei guardare le trascrizioni ai tutto i vostri podcast. Sto provando imparare Italiano, e le vostri trascrizioni sarebbero molto utile.

    Grazie di nuovo,

    Douglas

  2. Francisco Gomez de Toro(Francesco)

    Novembre 14, 2020

    Appena ho ascoltato il podcast,sono in gamba per fare i bonifici di tutte le cose che ho bisogno di pagare. Ho la fortuna di essere stati tre volte a Firenze,e ho avuto paura di finire con il culo per terra.
    Dopo studiare e fare i miei compiti(,sono studente di B1),mi piace da morire ascoltare L`italiano vero.Adesso che ci sono ,per la pandemia,tristeza ,noia,fatica.(faccio la anestesia in un Ospedale publici a Malaga),e più divertente e rilassante ascoltarvi.
    Ogni anno vado in Italia ,tre volte,ma l’ultima è stata a Napoli questo febbraio.L`unico modo de sentirmi avvicinato è con i miei amici Paolo e Massimo,inoltre con la maestrina Paola,che ha una voce affascinate.Grazie mille

    • Grazieee Francesco!!! ;-) Che piacere sapere che ci ascolti e che ti aiutiamo ma soprattutto ti diamo sollievo soprattutto in questo periodo così difficile per tutti. Questo tuo messaggio è ci sproina a continuare e a fare sempre meglio! Ti aspettiamo in Italia speriamo presto.
      Non esitare a scriverci e a farci domande o segnalazioni per nuovi episodi e soprattutto in cosa potremmo migliorare.
      Grazie ancora davvero.
      Ciaoooo
      Massimo,(Paolo e tutta la squadra.🎤🇮🇹)

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